I forti in scena: danza, musica e teatro nei luoghi della Grande Guerra

Cenni storici

Sin dagli inizi del XX secolo, nonostante l'alleanza a carattere difensivo politica e militare tra Italia e Austria, entrambe nella Triplice Alleanza assieme alla Germania, si pensò di fortificare con potenti manufatti blindati il confine trentino fra Adige e Brenta.

Gli austriaci costruirono fortificazioni sul Doss del Sommo, Sommo Alto, Cherie sopra i Fiorentini, Belvedere a Lavarone, Luserna, Verie e Spitz Verie a Vezzena.

A difesa delle valli che scendevano dal confine, gli italiani costruirono: Forte Maso, la Tagliata e Forte Enna sulla Val Leogra, Campomolon sopra i Fiorentini, Campolongo di fronte a Luserna, forte Verena a quota 2.015 che dominava la Val d'Assa. Il Forte Interrotto, costruito nel 1885 a quota mt 1.392 guarda invece la parte centrale dell'Altopiano di Asiago.
Purtroppo sia in fatto di ubicazione che di concetto costruttivo, le opere italiane risultarono più deboli rispetto a quelle austro-ungariche.

Se si considera che l'attuale linea di separazione tra Trentino e Veneto coincide praticamente con la Frontiera 1866-1918 tra l'Impero Austro-Ungarico e il Regno d'Italia, si può capire l'importanza strategica che aveva la zona considerata, in un'eventuale guerra, sia per una discesa degli austriaci dal Sud-Tirol verso la ricca pianura veneta, sia per uno sfondamento verso Trento e Bolzano dell'Esercito italiano.

Queste potenti strutture artificiali, costate ingenti capitali, furono soggetti della vicenda bellica della Grande Guerra per poco più di un anno.

Inizialmente, furono le fanterie italiane ad attaccare le potenti mura dei forti austriaci (senza mai oltrepassarle però), con veri e propri duelli di artiglierie tra i grossi calibri di assedio posti nelle vicinanze delle fortificazioni italiane e i forti austriaci, che subirono rovine imponenti.

A parti invertite, nel maggio 1916, all'inizio della Strafexpedition (spedizione punitiva per il mancato rispetto del patto stipulato all'interno della Triplice Alleanza) furono i forti italiani a subire distruzioni pressoché totali a causa dei colpi delle artiglierie austriache poste al di fuori dei manufatti blindati, con calibri di potenza spaventosa (305, 381 e addirittura 420 mm).

Con il giugno 1916, quello che rimaneva delle potenti fortezze entrò in un periodo di letargo, senza più notorietà nei successivi bollettini di guerra.

Dopo gli anni '30 del secolo scorso, i forti riacquistarono qualche importanza per le locali popolazioni che, attraverso il recupero e la vendita delle grandiose strutture metalliche, fecero degli stessi una delle fonti di sostentamento familiare, in un periodo di miseria e di sottosviluppo.

Le grandi distruzioni riscontrabili purtroppo oggi nella maggioranza dei forti, furono effetto di questa demolizione "non bellica". Quasi tutti i forti, alcuni dei quali avevano subito "dignitosamente" le tempeste di fuoco dei proiettili nemici, furono ridotti in ruderi dalla dinamite dei "recuperanti".